Firenze, AD 2019
Di ritorno a Roma da qualche giorno di vacanza estiva al nord, nel bel mezzo dell’autostrada decidiamo di prenotare last minute un soggiorno a Firenze. È alta stagione, i posti scarseggiano e la soluzione low cost con parcheggio incluso si restringe su un solo hotel.
Prenotiamo senza pretese, un po’ spaventati dalle recensioni ma ci promettiamo di resistere ad ogni destino infausto perché, dopotutto, sarebbe solo per una notte.
L’ARRIVO IN ALBERGO
Arriviamo in albergo che è già sera. Espletate le formalità del check-in andiamo verso l’ascensore, al quale si accede aprendo un pesantissimo portone antipanico. Sì, talmente pesante che devo lasciare la valigia e tirarlo a me con due mani mentre i reni e la schiena emettono singulti parossistici antiperistaltici che fanno freestyle attingendo dalle rime sparse del sommo Germano Mosconi.
Arriviamo all’ascensore, premiamo il pulsante e si aprono le porte. Ciò che troviamo è una cabina piccolissima, con le luci a neon che sono prese d’assedio dalle zanzare. La cabina dell’ascensore singhiozza nel vero senso della parola, mi spiego meglio: al suo arrivo, dopo l’apertura delle porte, non è ferma per niente bensì rimbalza e vibra ad ogni movimento.
No, col ca**o che saliamo. Abbiamo quattro piani da fare a piedi con valigie, madonne, sudore, stanchezza, senilità, disperazione, calo della serotonina e voglia di una schioppettata per chiudere per sempre con la sofferenza della vita? Quattro piani siano!
Arriviamo al piano stremati, ansimando come Roberto da Crema. Altra porta antipanico pesantissima che riesco ad aprire con gli ultimi Newton che mi rimangono. Infiliamo il corridoio, uno spazio strettissimo che ci costringe a sbattere sulle porte delle altre camere.
Avete presente Fantozzi nella cuccetta del treno con Calboni affetto da ventilatio? Ecco, lo spazio è quello.
Arriviamo alla camera.
LA STANZA
Caldissima, umida. Accendiamo la luce. Ci guardiamo in alto. Bene, c’è il condizionatore. Mi precipito sul telecomando e accendo. Il rumore è lo stesso del reattore 4 con le caldane, e l’aria fresca arriva per puro miracolo una decina di minuti dopo.
Bene, perlustrazione. Accanto al letto ci sono ragnatele, sui comodini due dita di polvere, il bagno è un Pollock di macchie di umidità e sulle lenzuola ci sono ancora i capelli di Anna Maria Luisa de’ Medici.
“Che famo, se n’annamo?”. Sì, in altre condizioni lo avremmo fatto ma siamo stremati e vogliamo solo rifugiarci nella piccola morte e risvegliarci con la gioia di lasciare quel posto.
Consumiamo una pizza in delivery e ci buttiamo a letto. All’1 di notte io non prendo sonno (la mia compagna, per sua fortuna, dorme profondamente) perché lo stro__o fijo daa me__a della stanza accanto sta telefonando in viva voce usando un volume che di giorno sarebbe normale, di notte si chiama “ho una vita infelice e devo per forza renderti partecipe togliendoti il sonno”.
Ora, io sono un insicuro assottigliato ma se mi togli il sonno divento Satana Trismegisto. Esco dalla stanza, busso alla sua porta: “SenDi, nin è che per favore ci dai un taglio e abbassi ‘sta voce che è l’1 di notte e magari vorremmo dormire frate’?”.
Niente, dall’interno il tizio continua noncurante. Busso di nuovo: “Aò? Ma sei vivo o parli da trapassato?”. Ancora niente.
Busso ancora più volte. Niente. Il tizio continua a ridere al telefono. Comincio a pensare di essere morto e di non averlo capito. Non mi resta che chiamare la reception.
Chiamo la reception e spiego il problema. “Okay, ora controllo”. ‘Controllo’ cosa? Sali con la mannaia e minaccialo con una frase alla Eastwood tipo: “Ora ti faccio saltare le cervella”.
Resto sveglio ad attendere giustizia, poi il sonno ha la meglio e muoio per qualche ora. Finisce qui? No.
LA COLAZIONE
L’indomani ci si sveglia di buon’ora perché si deve visitare la città. Scendiamo nella sala colazioni con il consueto menu continentale. Oltre a noi ci sono altri due ospiti, due cinquantenni che ad ogni passaggio del personale femminile fanno radiografie e commentini sottovoce.
Mi sale la Santa Inquisizione ma ingoio il rospo (sì, ho citato Logorrea dei Verdena). Mi avvicino ai succhi di frutta e mi arriva un tanfo micidiale di urina. Sì, urina.
Urina.
Opto per un caffè e mi accorgo che i due defunti vaginae hanno puntato la mia compagna. Anziché farmi prendere dal machismo suggerisco di cambiare posto per impedire loro la visuale.
Poche ore dopo siamo nel bellissimo centro città con 40 gradi all’ombra e la promessa di non mettere più piede in quell’albergo.
Una scelta consapevole, del resto, visto che si è trattato di una prenotazione last minute con recensioni negative ben evidenti. Però, ecco, capisco che non sei l’Excelsior né sei in lista per i 4 Hotel di Barbieri, ma almeno ‘na mano di aspirapolvere?
Quell’albergo ha chiuso, e immagino il motivo. Firenze bellissima ed emozionante, e toccare e guardare dal vivo quei luoghi pieni di storia e bellezza ci ha fatto accantonare la pessima esperienza della notte.