A fine settembre di quest’anno vado a un gioco di ruolo dal vivo, mi piacciono l’ambientazione e il tema (prima guerra mondiale) e mi hanno dato un personaggio abbastanza d’azione (la sarta di trincea) quindi prendo la mia valigia, ci metto il materiale fra vestito vintage e attrezzi e vado.
Mi organizzo con due mie amiche per prendere un albergo nei paraggi, loro mi sarebbero venute a prendere a Reggio Emilia e poi avremmo fatto il viaggio in macchina.
Il mio treno doveva partire alle 12:40 per arrivare alle 15:30 a RE. Doveva. Quando arrivo a Termini guardo il tabellone: 45 minuti di ritardo.
“Vabbè”, penso “mi ficco in libreria per un po’”.
Dopo mezz’ora però le cose cambiano. E in peggio.
Rido in altra occhiata al tabellone: i minuti sono diventati 80!
Io non ce la faccio più, ho uno zaino pesante, una valigia idem, mi fa male la schiena, i bar sono tutti pieni perché ovviamente il mio treno non è l’unico con un ritardo spaventoso, i dati del cell non vanno molto veloci perché c’è troppa gente. L’unica cosa che posso fare è andare al salottino dell’Italo a sedermi aspettando un segnale.
Mi siedo. I minuti di ritardo diventano 90. Poi 100.
Nella mia testa: “e cancellatelo a ‘sto punto ‘sto treno, che prendo il primo che passa e non se ne parla più”.
A 115 finalmente il miracolo: il binario! Finalmente l’hanno messo! Prendo le mie cose e corro verso la libertà.
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