Anno scorso, periodo Covid, appena cambiato lavoro per farmi vedere attiva decido di organizzare un viaggio conoscitivo clienti e agenti. Per ridurre i costi mi organizzo una settimana tra Francia e Belgio e sempre in quell’ottica cerco i voli più economici.

Partiamo dal presupposto che a quel tempo viaggiare implicava tamponi su tamponi nei tempo giusti, moduli su moduli, controlli su controlli e già questo mi avrebbe dovuto far desistere e invece, nell’ordine:
– volo di andata con decollo alle 6, tre ore prima al check in, abito distante dall’aeroporto ergo sveglia alle 1.30 di notte
– Scalo Amsterdam rinco***onita come non mai. Volo per Lione. A Lione controllo documento. Ho una vecchia carta d’identità cartacea che fa sì che la Gendarmeria mi tenga ferma mezz’ora tra consulti, lente di ingrandimento etc. vengo liberata
– Hotel che mi aveva garantito la camera early check in e naturalmente non è stato così. Sono solo le 11 di mattina
– Agente che troppo zelante appena saputo il mio orario mi fissa due appuntamenti il pomeriggio dalle 13.30
– Ergo ci fermiamo in autogrill e corro in bagno per cambiarmi e truccarmi (sembravo una punkabbestia. Ah ecco perché mi hanno fermata)
– Visito i clienti fuori Lione e poi corriamo in città per organizzare un booth in fiera giorno successivo. Arriva finalmente sera. Chiedo in hotel di cenare e “solo in camera perché stasera c’è un concerto jazz e tutti i tavoli sono riservati”. Il che tra stanchezza e jazz non va poi così male.
– Dulcis in fundo. Menu solo in francese, hotel zona fiera ergo si presume vi sia qualcuno che parla inglese. Sbagliato. Il cameriere tenta di spiegarmi i piatti a gesti. Io che non riuscivo più a connettere ordino qualcosa a caso.
– In camera presa dallo sconforto chiamo il servizio e mi faccio portare un bicchiere di vino rosso (poi diventati due). 14 gradi all’ombra, l’unico lato positivo della giornata.
– Arriva quella cosa che ho ordinato (vedi foto).

E questo è solo il primo giorno.