Marzo 2001, la premiata classe 3C del Liceo Scientifico statale Niccolò Copernico di Udine parte per l’allegro scambio culturale Udine-Heerugowaard (già il nome dovrebbe far riflettere con questa onomatopea da gola con problemi di raucedine – Nb: 25 ore di pullman con tanto di allarme attentato all’altezza dell’aeroporto di Amsterdam) per il cosiddetto apprendimento internazionale.
Cioè, per capirci, mi piazzano una settimana in una famiglia olandese nel nulla più assoluto in un paesino di case anonime e tutte identiche separate dal mare da una mega diga. Una tristezza che Atlantic City in confronto sono gli Uffizi.
Questa è una breve sintesi del mio incubo personale (nemmeno maggiorenne, si badi):
A) 10 km di bicicletta – con tanto di freni a pedale e rischio di essere investito al primo semaforo perchè istintivamente “schiaccio” dei freni inesistenti sul manubrio – la mattina, 10 al pomeriggio, 10 la sera, 10 di notte per rientrare. Il tutto indifferentemente con il sole (praticamente mai visto, sia chiaro) e il diluvio universale (any given day). Un giorno con Giove pluvio all’esterno chiedo, umilmente, se ci fosse la possibilità di ottenere uno strappo in macchina. Risposta: mi tirano un k-way.
Controrisposta pertoldiana, tra lo sgomento generale, chiamata di un taxi all’urlo di “adesso basta, siamo sempre il trainante Nordest eh”.
B) Vista la suddetta situazione, il sottoscritto si faceva due docce al giorno (si sa, si suda e ci si sporca… e ci si lava). Risultato? Acqua calda il mercoledì e il sabato, quando si lavava tutta la famiglia. Per il resto nemmeno in Norvegia ho provato così tanto freddo in vita mia.
C) Viste le sovracitate condizioni – cui sommiamo il fatto che con 8 gradi a mezzogiorno il riscaldamento non sia mai stato acceso e dormissi in una sorta di simulacro dell’Ajax con la faccia di Litmanen sulla coperta e di Van der Sar sul cuscino – dopo due giorni ero afono e con, diciamo così, severissimi problemi intestinali. Pregasi immaginare la reazione di Pertoldi Senior in Italia che va al Copernico minacciando tutti di denunce. Al che, sempre umilmente, chiedo se a cena – alle ore 17.30 sia chiaro – posso avere qualcosa di leggero. Risultato? Una specie di bratwurst da chilo con broccoli e senape.
D) A tavola non ho mai visto bottiglie d’acqua né tovaglioli. Sapete come si pulivano? Con la manica della t-shirt. Non scherzo. È tutto vero.
E) Un giorno andiamo a cena da un altro di questi che ci ospitavano. Chiedo, umilmente, di potermi lavare le mani. Mi mandano al lavabo. Il distributore del sapone cos’era? Un enorme fallo in ceramica comprato per la festa della mamma. Per il sapone bisognava schiacciare i testicoli. “Nice gift, right?” – mi fa il figlio – prima che io risponda: “Sure, bought in rive gauche, Paris, I suppose”. Silenzio generale.
F) A casa di un altro, mentre si discute, improvvisamente il capo famiglia chiede silenzio assoluto. Tutti tacciono: e lui molla una… flatulenza tonante. Io cambio letteralmente colore, sbianco, ma tutta la famiglia ride a crepapelle.
G) Una sera (N.B. ore 19) andiamo a “fare serata”. Alle 21.30 nel locale si accoltellano. Sì, alle 21.30.
H) Di ritorno verso casa (soliti 10 km) io e un altro veniamo abbandonati in mezzo alla campagna olandese. Un mulino a sinistra e greggi di bestie al pascolo sulla destra. Pensate che qualcuno ci abbia aspettato? Nessuno. Dopo 20 minuti, mentre cercavo di chiamare l’ambasciata con il mio 3310 dell’epoca (se non ricordo male il modello), ritorna uno di questi calvinisti berciando: “Come on! Fast! Fast!”. A me prende il matto, tiro la bici verso di lui sbraitando qualcosa di irripetibile sul suo posto nel mondo.
I) Un giorno, mentre fanno da mangiare, una di queste specie di omelette – aka pannenkoek nella lingua più brutta che io abbia mai ascoltato – che tanto amano, cade allegramente per terra. Si avvicina il cagnolino di casa e dà una sonora leccata. Questa cosa fa? me la butta sul piatto. Al che al mio diniego – ammetto seccato – mi guarda e mi fa: “Ah, italians, do you want the Mamma?”. Pronta risposta in italiano. Non hanno capito nulla, ma i gesti erano eloquenti.
Ecco, detto questo, capite come siano più di 20 anni di fila che al sottoscritto quando vede qualcosa di orange viene una sorta di ulcera.
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