Estate 2009.
La mia azienda mi manda per un mese a Hong Kong per avviare un progetto importante con un grosso nome della moda. Io soffro molto il caldo, all’esterno ci sono 30 gradi costanti con un’umidità del 98% e mi sembra di respirare acqua. Lavoro tra le 14 e le 16 ore al giorno perché devo coordinarmi con i colleghi in Italia e a New York.
Sono fisicamente molto provata, ma nell’ultimo weekend decido di farmi comunque un giro a vedere qualcosa. Da pochi giorni è passato un tifone e il clima è insopportabile. Provo a fare qualche foto nella baia, ma la macchina fotografica si appanna continuamente a causa dell’umidità. La sera mi rifugio con una collega locale in un ristorante del centro dove come al solito c’è l’invasione dei pinguini con l’aria condizionata sparata a mille. Poi rientro in hotel.
La mattina successiva mi sveglio presto, in preda a una tosse secca e persistente. Ho i brividi e sono quasi senza voce. Guardo il telefono e il display è andato. So di avere bisogno di prendere qualcosa per riprendermi. È domenica, è presto, scendo al supermercato sotto l’hotel e con estrema fatica (non riesco a respirare) mi procuro un termometro, delle pasticche per la gola e un antipiretico. Sudo freddo, mi gira la testa ma riesco a rientrare in camera, dove scopro di avere la febbre a 40. Mi ributto sotto alle coperte e cerco di dormire, ma la tosse va sempre peggio. Dopo qualche ora chiamo la Europe Assistance e nel tardo pomeriggio un medico viene a visitarmi. Mi dà un paio di pastiglie e mi prenota i raggi per il giorno dopo.
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