Dopo 20 secondi mi accorgo di trovarmi aggrappato al muro di fronte, dove avevo sbattuto violentemente il torace incrinandomi due costole e ovviamente rovinando la macchina fotografica (mia unica preoccupazione).
Dolorante in mille punti diversi, facendo fatica a respirare e sopratutto a ridere, oltre che a sedermi, continuiamo il viaggio sempre con lo stesso spirito dirigendoci verso Pushkar.
Ci fermiamo a cenare in un piccolo ristorantino vista fogne a cielo aperto, tutto squisito, tant’è che non sentivo neanche più male.
Durante la notte mi sveglio di soprassalto, sudato, bollente, misuro la febbre, 39.9, ovviamente mal di pancia e annessi. Ma non demordo e continuo il viaggio per arrivare a Varanasi dove, ancora febbricitante, mi faccio convincere da mia moglie ad andare in ospedale. Entrato in ospedale vengo accolto da un ragazzo gentilissimo che mi guida ovunque, consapevole della mia difficoltà, mentre un numero smodato di persone mi fa foto, incuriosite dal vedere uno straniero in ospedale. Dopo una serie di esami effettuati molto rapidamente, (tra l’altro il ragazzo che mi accompagnava si era anche proposto di aiutarmi a prelevare dei campioni accompagnandomi in bagno, offerta declinata) scopro di aver contratto l’epatite A (presa sicuramente giorni prima).
Rimane comunque uno dei viaggi più belli che abbia mai fatto, nonostante tutto.
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