Andiamo quindi verso Granada a casa dei genitori di Miguel (viveva coi suoi). E’ ormai notte fonda e guido io perché lui poverino ha sonno e ci toccherà poi aspettarlo fuori da un carrozziere, una volta arrivati, perché non poteva dire ai genitori che gli avevano aperto la macchina. Comincia ad essere tutto assurdo.
I genitori sono carinissimi. Danno un cambio vestiti alle ragazze mentre M lo promette a me ma sembra geloso delle sue t-shirt Atari e Nintendo. Niente cambio. Vabbè. Dormiamo un po’ e poi rimaniamo ostaggi della famiglia tutto il giorno perché Miguel vuole rimanere a casa, è visivamente shockato e la bugia ai genitori lo sta logorando dentro.
Io devo fare un documento di identità o passaporto temporaneo per tornare e su consiglio dei suoi genitori, Miguelito pare chiamare un’ambasciata X che gli dice cose X (tutt’ora rimane un mistero quella chiamata). Aggancia e dice que va todo bien.

Torniamo a Malaga la mattina seguente. L’ambasciata è scritta sul campanello ma non esiste. L’edificio è in costruzione ed è mezzo distrutto. Clamoroso giro a vuoto e torniamo a Granada. L’ambasciata qui esiste ma l’ambasciatore è in ferie e la segretaria non può fare nulla non sa nulla. Guardo Miguel, lui ha perennemente sta faccia appesa come se lo avessero appena portato sul pianeta dal mondo dei minipony. Ci sarà un modo per dio di avere sto passaporto. Miguel nel frattempo cala gli assi nella manica e ci porta a vedere un ponte nel nulla dove si suicidano gli andalusi (what?) e a trovare un’amica poliziotta che vive ancora più nel nulla e ha problemi deambulatori dalla nascita (ma perché). Lei non sa nulla di passaporti e cose annesse ma sembra avere una tresca passionale col nostro amico andaluso. Amoreggiano davanti a noi e la cosa oltre ad essere penosa fa anche un po’ schifo. Vabeneee.

Miguel per ragioni a noi oscure sembra non volerci far dormire dai genitori e ci porta in città a cena e a trovare amici. Compare il 5° pischello del viaggio che ci porta a mangiare in un posto tipico che poi si rivela essere un sushi low cost (ma le tapas?! No. Niente). Si va poi in un bar a bere e poi a casa degli amici. Ci abbandonano in cucina con dei letti fatti di coperte (ci sono 35 gradi) e se ne vanno sul tetto a fumare con gli altri. Chiedo la password del wifi per organizzare il giorno dopo ed è qualcosa di indescrivibile. Dimenticavo che siamo in una casa di nerdoni che pensano di essere spiati dalla Nasa. La password è composta da almeno 100 caratteri, 12/13 righe di simboli a caso. Sbaglio 2 volte. La terza funziona grazie alle bestemmie venete e trovo su internet il numero dell’ambasciata italiana in Spagna e chiamo col fisso. Mi dicono che solo a Madrid possono farmi un documento di identità temporaneo, in mattinata e con almeno 2 testimoni, uno dei due spagnolo (però porqueee).
Richiamo all’appello il fumato M e gli dico che dobbiamo andare a prendere un bus. Adesso.
Ci segue con la sua faccia appesa e devo pagargli il biglietto perché è senza soldi (ma il viaggio in andalusia?! Boh. Ma soprattutto avevi fatto finta di chiamare l’ambasciata eh sfigato!?). 8 ore di viaggio e alle 9 di mattina siamo in ambasciata.