Ma mica il viaggio finisce qui.
Il volo per la capitale può partire: manco il tempo di dire di allacciare le cinture e di non reclinare i sedili, che la maggior parte dei passeggeri è già bella che spaparanzata manco fosse in stabilimento balneare. E vabbeh. This is Africa.
Tralasciando alcuni dettagli come il carrello delle bibite che in fase di decollo si percorre tutto l’aereo andandosi a schiantare nella zona posteriore, giungiamo finalmente a Brazzaville, dove ci attende l’attesa. Il volo per Parigi sarebbe stato diverse ore dopo, e lì dovevamo sostare in attesa degli eventi. Aria condizionata? Non pervenuta. Ricordo una saletta particolarmente calda e puzzolente, con aria condivisa con una latrina confinante. Praticamente era un pollaio con le vetrate. Non mi sovvengono altre definizioni.
Ma anche le cose brutte, passano, e arriva il momento di salire sul volo Air France diretto a Parigi, dove arriveremo all’alba del giorno successivo dopo una notte in viaggio. Complice lo sbalzo di temperatura, la stanchezza, la tensione, nella notte sto malissimo, tanto che mi convinco di aver contratto la malaria, vista la febbre che mi sentivo. Al mattino però stavo fortunatamente di nuovo bene. Scendiamo dall’aereo e al Charles de Gaulle dobbiamo passare nuovamente dei controlli di sicurezza: solo che come noi c’era il resto dell’universo e si era formata una fila a dir poco chilometrica… Con rassegnazione (avremmo perso matematicamente il volo per Roma) ci mettiamo in fila. A un certo punto, immancabili come la morte, loro, gli italici: decidono di usare la corsia laterale di emergenza per superare tutti, che stavano a perder l’aereo. Inutile dire che sono stati respinti e ricacciati nelle retrovie. Goduria.
Sbrigate le formalità, andiamo a cercare di prendere il volo per Roma, ma era troppo tardi. Chiamo la logistica in Italia, e mi suggeriscono di provare al desk dell’allora Alitalia per effettuare un cambio biglietto. Ok ci provo, solo che: 1) il desk Alitalia è fuori dall’area internazionale e bisogna uscire e quindi rifare i controlli 2) esco ma il desk Alitalia è chiuso per ristrutturazione quindi mi rifaccio i controlli senza i biglietti.
Grazie alla collaborazione degli uffici in Italia, riusciamo ad avere i nostri nuovi biglietti e al momento giusto andiamo al gate, fiduciosi che la strada ormai sarebbe stata tutta in discesa.
Ma mica finisce qui.
Questa volta sul display appare la parola magica: Ritardo.
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