“Ok, è vero, non ho controllato gli orari di apertura, ma pazienza, ci perderemo il roseto, mangiamo qualcosa su quest’isola bellissima e poi torniamo a Venezia e ce la giriamo un po'”.
Chiediamo al frate se c’è un ristorante. No. Un bar? No. Un chiosco? No. La foresteria del convento, anche solo un distributore automatico? Non si può entrare fino alle tre. Un bicchiere d’acqua, ve lo paghiamo, giuro! Il frate si scoccia e ci chiude la porta in faccia.
Tutti mi guardano malissimo.
“Ok, allora niente, torniamo a Venezia, dai…”.
Ritorniamo al molo, guardiamo gli orari. Niente traghetti fino alle due e mezza.
Quindi, eravamo senza cibo e senza acqua (perché nessuno se li era portati: vuoi che non ci sia un bar a Venezia?) bloccati per due ore e mezza su un’isola occupata per intero da un monastero dove non potevamo entrare, lasciandoci liberi di girare solo tra il molo e una terrazzina panoramica con una panchina, entrambi in battuta di sole.
Abbiamo passato il tempo guardando l’orizzonte in attesa di vedere la sagoma del traghetto avvicinarsi, con punte di visioni mistiche alla Fantozzi.
Inspiegabilmente non sono mai più riuscita a convincere gli altri a ritornare.
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