La fortuna sembrò assisterli, quando un simpatico signore francese parlante l’italico idioma si impietosì di fronte ai tre che provavano a comunicare con la biglietteria ottenendo scarsi risultati, e offrì loro assistenza e il pranzo. Tra sorrisi, abbracci e festeggiamenti, salirono sul treno per Barcellona.
“Che bello, è proprio una figata viaggiare, guarda com’è gentile la gente al di fuori dei confini”. Poveri stolti. Ancora non sapevano cosa il destino aveva riservato loro.
Dopo svariate ore ad attraversare la campagna francese il treno arrivò a Cerbére, ridente cittadina al confine con la Spagna, e si fermò. Nessuno aveva avvisato loro che non avrebbero passato il confine su quel mezzo e che sarebbero stati portati in taxi dall’altra parte del confine.
“Poco male, entro sera saremo a Barcellona”. Era fine luglio. La gente in viaggio tanta. I taxi pochi. La loro attesa fu infinita. Così infinita che presero la prima pessima scelta di molte altre a venire.
“Ma sì, fermiamoci qua, cerchiamo un posto per dormire che siam stanchi, mangiamo qualcosa, domattina ce ne andiamo con tutta calma da qualche parte con i regionali” disse uno dei tre, “l’esperto”, il capo scout a cui gli altri due si affidavano per le scelte più pratiche.
L’idea fu accolta con entusiasmo.
I tre iniziarono a vagare per le strade di Portbou, alla ricerca di un posto dove poggiare le chiappe e gli zaini. Senza notare gli sguardi impietositi della gente lì intorno, trovarono un hotel che sembrava abbastanza economico per le loro tasche. Il proprietario accolse i tre che provarono a farsi capire in qualche modo, raggranellando le loro misere conoscenze di spagnolo (ovvero aggiungere una “s” in fondo ad ogni parola) e di inglese.
Dopo un paio di minuti di infruttuosi tentativi, il capo scout proruppe in una potente bestemmia.
Con un accento a metà tra le provincie di Bergamo e Brescia, il suddetto proprietario esclamò: “Ah ma potevate dirlo che eravate italiani! Comunque no, se cercate posto, non ne ho e non c’è da nessuna parte, son giorni di festa qui!” .
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