Invece quelli di Flixbus ci fanno raggiungere a piedi il centro commerciale della zona e dicono di rivederci dopo un’ora. Dopo 60 minuti in cui giriamo a vuoto, rimandano ulteriormente di un’ora. Intanto arrivano le 16, e io prendendo un’altra sliding door sarei stata già a casa.

Nel frattempo, tutta la fauna componente il bus si aggrega in gruppi improbabili: il gruppo di frati in gita; l’iracheno elegante con l’anglofona vestita da escursione; il gruppetto di ventenni che bivaccano all’entrata del centro commerciale con in mezzo al cerchio delle brioche a mò di falò; la vecchietta in gamba che porta con sé la mamma vecchissima con demenza senile, la quale durante il viaggio in bus pare brandisse un coltello (!); la coppia di Lubiana che dopo il mio check-in senza biglietto mi ha evitata per il resto del viaggio… e poi c’è il gruppetto improbabile con cui mi sono trovata io al bar: una senegalese incinta coi capelli rosso fuoco, che ha girato facendo la cuoca e ha una storia tragica alle spalle (pensandoci a posteriori, forse ho incontrato Ariel); una sub cinese che gira con l’attrezzatura, la valigia quasi più grande di lei, e aveva viaggiato ovunque; infine una giovane studentessa, assai poco anglofona, che era convinta che la ragazza cinese fosse un ragazzo, anche se questa per dieci minuti ci ha raccontato ridendo come la scambino sempre per maschio.

Insomma, fino alle quattro ci raccontiamo la storia della nostre vite, io riesco ad arrivare a un 10% di ricarica del cellulare e posso dire alla mia famiglia che sono viva, e con fiducia attendiamo notizie dai signori Flixbus. I gentili accompagnano la carovana con vecchine armate a piedi sotto il sole cocente, e nel mentre io ricreo una scena da Stanlio e Ollio e finisco dritta contro un palo perché mi giro per sorridere alla sub cinese quando vedo che ha un adesivo di Corvonero sulla valigia; mi viene un bernoccolo evidente e il tizio iracheno mi prende in giro.

Sul bus i sig.ri Flixbus ci dicono che ci avrebbero accompagnato alla stazione di Verona e che chi voleva avrebbe potuto prendere il treno e gli sarebbe stato rimborsato. Gli altri avrebbero potuto proseguire il viaggio con il Flixbus delle 19.30.

Ormai sono le 16.30 e tutto il pullman o quasi, pensando di fare una furbata, corre quindi a prendere treni a Verona. Io saluto Ariel e mi dirigo con la studentessa monoglotta verso la stazione. Nel frattempo intercettiamo il gruppo del falò, che d’ora in poi chiamerò Måneskin per la bella e giovane promiscuità e l’abbigliamento sbracato, e si aggrega a noi anche una coppia che va a Trieste a un matrimonio.

Al binario il treno si ferma molto indietro rispetto a dove siamo, tanto che i Måneskin non si muovono dal gabbiotto della sala d’attesa, dicendo che non sarà sicuramente quello. Raggiungiamo il treno per Mestre poco prima che parta, di corsa. Quando siamo su è pieno: i vagoni con posti liberi sono senza aria condizionata e fa un caldo epocale, allora il gruppo si scioglie e ci sediamo in vagoni diversi.